Tumore ovaio, dal Congresso Esgo appello di clinici e pazienti: “Test genomici per tutte le donne”

Hrd, ovvero Homologus Recombination Deficiency. Sono i deficit di ricombinazione omologa in cui rientrano, ad esempio, le mutazioni dei geni Brca1 e Brca2, e sono in grado di guidare la scelta della terapia più efficace. Attualmente la metà dei casi di tumore dell’ovaio presenta alterazioni dei geni coinvolti nella riparazione del Dna. Anche per questi casi oggi esistono farmaci efficaci ma per poterli prescrivere è necessario appunto il test HRD che identifica questi deficit genetici. Ecco perché questo test dovrebbe essere eseguito in tutte le donne al momento della diagnosi, ma attualmente purtroppo non è così. È come possedere un’auto da corsa di ultima generazione, potente e pronta a raggiungere traguardi importanti, ma lasciarla ferma in garage per mancanza delle chiavi. Il test HRD è quella chiave: senza di esso, queste terapie innovative rimangono inaccessibili. La sua rimborsabilità e accessibilità omogenea su tutto il territorio nazionale non possono più aspettare. A chiederlo a gran voce - in occasione del 26° Congresso della Società Europea di Oncologia Ginecologica (Esgo) svoltosi a Roma - è l’Ovarian Cancer Commitment (OCC), che ribadisce la necessità di garantire la rimborsabilità e un accesso omogeneo al test HRD contestualmente alla diagnosi. Se n’è parlato nel corso di una conferenza stampa che si è aperta con un omaggio e il ricordo del professor Giovanni Scambia, direttore scientifico della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli Irccs e da sempre in prima linea nella ginecologia oncologica.
Numeri che parlano chiaroNel 2024, in Italia, sono attese circa 5.400 nuove diagnosi di tumore ovarico. “È una delle neoplasie ginecologiche più letali, con una sopravvivenza a 5 anni del 43%, principalmente perché l’80% dei casi viene scoperto in fase avanzata”, spiega Anna Fagotti, presidente Esgo, ordinario di Ostetricia e Ginecologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità Operativa Complessa Tumore Ovarico alla Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs di Roma. A differenza di altri tumori, non esistono efficaci strumenti di screening e il 70% delle pazienti con carcinoma avanzato affronta una recidiva entro due anni. "L’oncologia di precisione - prosegue Fagotti - ha cambiato le regole del gioco: oggi esistono terapie mirate, come gli inibitori di Parp combinati con farmaci antiangiogenici, capaci di ottenere remissioni a lungo termine e migliorare la qualità della vita. Ma queste terapie richiedono il test Hrd".
L’Ovarian Cancer CommitmentL’Ovarian Cancer Commitment (OCC) è un’iniziativa della Società Europea di Oncologia Ginecologica, della Rete europea dei gruppi di advocacy del cancro ginecologico (ENGAGe) e di AstraZeneca. Il suo obiettivo è quello di migliorare la conoscenza della malattia, la qualità di vita e la sopravvivenza delle donne colpite da carcinoma ovarico anche attraverso la richiesta di garantire la rimborsabilità e un accesso omogeneo al test Hrd contestualmente alla diagnosi.
Il Dna: una rete stradale da ripararePensiamo al Dna come a una complessa rete stradale. Quando una strada si danneggia, servono tecnici esperti per ripararla. Il nostro corpo ha un sistema simile: la ricombinazione omologa. Quando questo sistema presenta difetti (Hrd), si generano mutazioni, come quelle dei geni Brca1 e Brca2, che possono portare allo sviluppo del tumore ovarico. La metà dei casi di questa neoplasia presenta tali alterazioni genetiche. È qui che entra in gioco il test Hrd, in grado di individuare questi difetti e guidare la scelta della terapia più efficace, personalizzando il trattamento per ogni donna. Eppure, in Italia, l’accesso al test Hrd è ancora disomogeneo. “Il difetto di ricombinazione omologa rappresenta un ‘errore’ nel meccanismo di riparazione della doppia elica del Dna, presente in circa il 50% dei casi di carcinoma ovarico”, continua Fagotti. “Il test Hrd, che consente di individuare anche le mutazioni Brca, deve costituire il primo step di un approccio di medicina di precisione per definire la miglior cura e va eseguito in tutte le pazienti al momento della diagnosi”. Il test Hrd rappresenta il primo passo nell’approccio della medicina di precisione. Tuttavia, la sua esecuzione richiede tecnologie avanzate e software specifici presenti solo in pochi centri specializzati.
Sei richieste nel Position paperL’Ovarian Cancer Commitment ha elaborato un Position Paper per un equo acceso alle cure più avanzate. Tra le richieste avanzate, quella di identificare i requisiti dei laboratori deputati all’esecuzione dei test genomici che rilevano il Deficit di Ricombinazione Omologa (HRD) mediante la definizione dei requisiti tecnici delle infrastrutture tecnologiche. Altra richiesta è quella di garantire la rimborsabilità e un accesso omogeneo al test Hrd contestualmente alla diagnosi, per consentire una pianificazione terapeutica personalizzata e l’adozione di strategie di sorveglianza e/o di riduzione del rischio, mediante l’inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). "Fa ben sperare la proposta avanzata di una rimborsabilità non più riferita al singolo gene, come avvenuto per il Brca, ma a pannelli multigenici", afferma Nicoletta Cerana, presidente di Acto Italia. Attualmente, solo tre centri in Italia eseguono oltre 100 interventi annui, mentre la maggior parte si ferma sotto i 20, non raggiungendo gli standard Esgo. Solo sette Regioni hanno identificato centri di riferimento, un’altra disparità da colmare.
Prevenzione ed esenzione: un diritto per tuttiAltre due criticità riguardano sia l’assenza in 12 Regioni italiane di Pdta, Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale specifici per la gestione delle persone ad alto rischio che il mancato riconoscimento dell’esenzione D99 in modo omogeneo a livello nazionale. “Questa esenzione - Ornella Campanella, presidente aBRCAdabra - interessa le persone risultate positive al test Brca e che sono ad alto rischio di sviluppare un tumore al seno, all’ovaio, al pancreas e alla prostata. Queste persone portatrici, sane e non, dovrebbero essere inserite in programmi di sorveglianza specifici volti ove possibile alla diagnosi precoce di queste neoplasie. Ad oggi, l’esenzione D99 è stata deliberata solo in 10 Regioni. È quindi necessario che venga riconosciuta in modo uniforme sul territorio, per ridurre la disparità di accesso alla prevenzione con il rischio di una diagnosi tardiva. Chiediamo, inoltre, che entrambe le chirurgie di riduzione del rischio sia senologica che ginecologica siano inserite nei Lea. È ampiamente dimostrato infatti che, nelle donne portatrici della variante patogenetica Brca, la rimozione chirurgica del seno e di tube e ovaie riducano in modo significativo la probabilità di sviluppare, rispettivamente, il tumore della mammella e quello dell’ovaio”.
Il ruolo di Olivia: una guida nel percorso di curaAl Congresso Esgo, insieme alla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, l’Ovarian Cancer Commitment ha presentato la versione italiana del sito Olivia (ovarian.gynecancer.org/it), una risorsa digitale che offre informazioni e supporto alle pazienti che affrontano il percorso di cura e che può essere utile anche per i familiari, i caregiver e i clinici. Olivia è una piattaforma unica nel suo genere, include infatti il “percorso del tumore ovarico”, uno strumento interattivo “disegnato” in base alle esigenze della paziente in ogni fase della malattia, dalla diagnosi, ai trattamenti, all’assistenza continua fino all’eventuale recidiva. “L’Occ - spiega Manuela Bignami, direttore di Loto OdV - ha realizzato Olivia proprio per fornire a pazienti e caregiver tutte le informazioni, attraverso un percorso interattivo, che spazia dalla diagnosi, ai test genetici, ai trattamenti fino al follow up, includendo le storie delle donne che hanno vissuto l’esperienza della malattia, un glossario dei termini medici tradotti in un linguaggio accessibile a tutti, l’elenco delle Associazioni di pazienti e schede informative su temi come la nutrizione e l’esercizio fisico, la recidiva e il supporto psiconcologico”.
La corsa contro il tempo: non restiamo indietroClinici e associazioni di pazienti hanno rivolto queste richieste alle istituzioni rappresentate nel corso della conferenza stampa da Elena Murelli, della Commissione Sanità e Lavoro del Senato, che ha dichiarato: "Le Istituzioni devono garantire un percorso di cura completo, dalla diagnosi al supporto psiconcologico. Il test Hrd deve essere rimborsabile e accessibile subito, per consentire terapie personalizzate e strategie di prevenzione. La scienza corre veloce, e non possiamo permetterci di restare indietro. Dobbiamo garantire la rimborsabilità e un accesso omogeneo al test Hrd contestualmente alla diagnosi, per consentire una pianificazione terapeutica personalizzata e l’adozione di strategie di sorveglianza e/o di riduzione del rischio, mediante l’inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza”. Insomma, è tempo che l’Italia si allinei al progresso scientifico. Il test Hrd non è solo un esame genetico: è una chiave che può aprire la porta a terapie salvavita. Ogni giorno perso può costare una vita. E nessuna donna dovrebbe aspettare.
repubblica